Tassare la “robotizzazione” delle aziende per lenire gli effetti della contrazione del lavoro umano a causa dell’evoluzione tecnologica è già una realtà negli Stati Uniti: recenti studi confermano che avrebbe, anche in Italia, conseguenze piuttosto dirette sulle entrate fiscali.
Nell’economia digitale i robot e le intelligenze artificiali sono sempre più presenti e “pensanti”; in questo scenario vengono equiparati a soggetti che producono reddito e quindi imponibili: se da un lato la tassa andrebbe a contrastare il diminuito gettito fiscale dovuto al minor impiego di personale, dall’altro potrebbe generare un rallentamento del ritmo dell’innovazione tecnologica.
Le strade ad oggi individuate per impostare una tassazione specifica su questo settore sono:
✅ considerare i robot come soggetti che generano utili e imporre un’adeguata tassazione sulle imprese che se ne avvalgono
✅ creare meccanismi di reinvestimento degli utili a tutela dei lavoratori
✅ individuare e intercettare nuove basi imponibili
Una tassa adeguata e ben calibrata sui robot potrebbe, pertanto, rivestire un valore strategico e sociale cruciale, consentendo di distribuire sull’intera collettività i benefici potenziali derivanti dalle evoluzioni della digital economy.

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