I nostri smartphone ascoltano le nostre conversazioni per poi offrirci pubblicità mirata: quanto c’è di vero in quella che è stata a lungo bollata come “leggenda metropolitana”? Il sito americano di giornalismo investigativo 404 Media ha recentemente riportato affermazioni di CMG, un polo media che controlla una concessionaria pubblicitaria e diversi emittenti radiofoniche, secondo cui la società avrebbe accesso alle conversazioni private grazie ai microfoni non solo di telefoni ma anche di smart tv e altri dispositivi elettronici per poi creare contenuti pubblicitari mirati, tramite appunto la tecnologia chiamata “Active Listening”.
Facciamo però chiarezza: gli esperti hanno appurato che non è dalle conversazioni che le aziende traggono le nostre preferenze di consumo bensì è molto più economico per loro basarsi sul nostro uso delle app, di carte fedeltà, della navigazione online, la geolocalizzazione, ecc… per il cosidetto targetin pubblicitario. Questi dati vengono poi raccolti dagli aggregatori e incrociati, consentendo agli inserzionisti di sottoporci prodotti e servizi mirati.
Il nostro smartphone può, quindi, ascoltarci? Tecnicamente sì ma i meccanismi di raccolta dei dati da questa fonte è troppo onerosa e complicata per le aziende di marketing. Sui nostri smartphone esiste comunque una reportistica sulla privacy e la possibilità di verificare l’accesso al microfono delle app: è buona norma tenerli sotto controllo per evitare “orecchie indiscrete”!
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